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Provincia di: Palermo
Superficie: 33,16 kmq
Abitanti: 12200
Prefisso telefonico: (0039) 091
CAP: 90045
Codice ISTAT: 082031
Codice catastale: C708
Targa: PA
Nome abitanti: cinisensi
Patrono Santa Fara festeggiato l'ultima domenica di luglio

Sulla città

Cinisi - la scheda di Firriando

Schema della città

Già Casale normanno (Cines) il borgo fu soggetto dal 1383 al Monastero di San Martino delle Scale cui fu donato, definitivamente, nel 1403. Della fine del XIX secolo la sua autonomia comunale. L'impianto urbanistico è a cuneo regolare con direzione prevalente S.E.-N.O. retta dall'asse mediano longitudinale di riconnessione verso la costa. Il nucleo originario sorge aí margini del complesso del Monastero fortezza, a Sud di esso, fra il XVII e XVIII sec Stato attuale. Il Centro storico. conferma il proprio ruolo di centralità civile,commerciale e abitativa anche nei confronti della punta N.O. che ripropone, con regolarità di tracciato, la morfologia tardo-settecentesca.

Cosa vedere

La chiesa di Santa Fara, ad unica navata, iniziata nel 1676. e portata a termine nel 1680, intitolata alla patrona della città. Mentre era abate Onorato Biundo Salerno, nel 1729 venne abbellita con pregevoli affreschi nella volta, con un ricco altare dedicato alla Santa protettrice e una pala d'altare del Martirio di Santa Barbara, di G. Randazzo. Nell'arco della cappella del Crocifisso i pregevoli quindici misteri, opera di pittura della scuola napoletana del Settecento. Fu consacrata il 20 ottobre 1711.
Altra chiesa assai interessante e quella dell'Ecce Homo, all'incirca del 1885, con una statua in legno raffigurante l'Addolorata, della scuola del Bagnasco. Le giornale della Settimana Santa vengono qui celebrate. La chiesa ospita inoltre diverse reliquie e vari oggetti di Carolina Santocanale, più nota come madre Maria di Gesù, fondatrice del collegio delle suore terziarie cappuccine. L'ultimo edificio sacro da ricordare è la chiesa del SS. Sacramento, del XVIII secolo, dedicata all'Immacolata.
Per finire, il santuario della Madonna del Furi, distante quasi due chilometri dall'abitato, del 1758. Forse in origine complesso fortificato, come suggeriscono i resti di due torri di difesa, il luogo, chiuso tra gole di monti assai alti, nelle vicinanze di un antico casale arabo all'incirca dell'XI secolo, godeva di posizione strategica, poiché impediva l'accesso al nemico da mezzogiorno, e consentiva l'osservazione di gran parte del mare. Sin dal 1616, come si legge in un'iscrizione, i pastori della contrada Furi erano soliti riunirsi dinanzi all'immagine della Madonna del Rosario, dipinta in un angolo di muro nel cortile di un casamento. Per qualche tempo, racconta l'anonimo autore di una «Storia della Madonna del Furi», la devozione alla Vergine venne meno, e ci volle un evento prodigioso, nel 1718, a rinverdirla.
Per quel che riguarda il centro urbano si osserva un sistema di strade parallele dividere i lunghi isolati, formati dall'accostamento di semplici unità abitative, e disposti in modo tale da offrire minor superficie possibile ai venti che spirano con notevole forza.
La festa principale è quella in onore della patrona, Santa Fara, vergine benedettina, del 7 dicembre ma solennemente celebrala l'ultima domenica di luglio. Vissuta nel VII secolo, il suo vero nome era Borgundofara. È considerata protettrice contro le malattie degli occhi. Non mancano poi i tradizionali spettacoli popolari, con fuochi e musiche e gli inevitabili tamburini (Nun cc'è festa senza tammurinu). Si ricordano poi le feste della Madonna di Trapani (15 agosto) e della Madonna Addolorata (13/15 settembre).

Dove mangiare

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Dove dormire

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Sulla città

L'origine di Cinisi è da ricollegare alla venuta degli arabi in Sicilia. L'Amari, profondo conoscitore dei musulmani, parlando di Cinisi lo descrive di «origine arabica, come pare dal nome», e proseguendo ritiene la «bedela». cioè la terra, di Cinisi occupata nell'invasione dell'isola che segui allo sbarco dell'827.
La tradizione vuole che il vecchio paese fosse situato nella contrada Castellaccio, solo che di ruderi non v'è alcuna traccia, eccetto qualche coccio, seppure di epoca remota. Nella letteratura musulmana il nome di Cinisi compare nel 1228, ma già al tempo dei normanni esso era balzato alle cronache. Avvenne, infatti, che gli abitanti del castello musulmano di Giato rifiutarono di sottomettersi ai nuovi signori del nord, ed ebbe inizio l'assedio. Sull'esempio di questi si mossero gli abitanti di Cinisi tanto che il conte Ruggero dovette mandare un contingente per assediare i nuovi insorti. I quali per lungo tempo non cedettero, poi furono costretti a venire a patti.
Una volta padrone dell'isola il nobile normanno decise di risollevare le sorti della religione cristiana, ripristinando le sedi vescovili. Nel privilegio che stabilisce i confini della diocesi assegnata a Stefano da Roano, primo vescovo di Mazara troviamo il nome di Cinisi insieme ad altri casali e città della valle: «[…] Calatub cum omnibus suis pertinentiis, Parthenich cum omnibus suis pertinentiis, Cinos cum omnibus suis pertinentiis [...]». Dopodiché lo si incontra nel «Libro di Ruggero» così descritto: «[...] l'ampio casale fabbricato sulla costa di un monte che par gli stia addosso, ha a fianco un terreno estesissimo, assai favorevole alla vegetazione, sparso di be' pascoli e abbondante di frutta. A settentrione è il mare discosto quattro miglia all'incirca».
Molti casali dopo la conquista normanna scomparvero. A Cinisi toccò la medesima sorte. Come risulta da documenti, alla metà del XIII secolo esso altro non era che un casale disabitato.
L'etimo del nome, secondo l'insigne avvocato G.M. Galvaruso. valente cultore del mondo musulmano, il non deriva dall'arabo. Queste le considerazioni. In Idrisi esso è chiamato Scins o Ginnis. Il primo termine in arabo non esiste, «si trova solo scensir che significa "rifugio" "ricovero" "forte" "fortezza» […] Per Ginnis ci sarebbero le voci: gianz "piccola capanna di terra", gianis "simile", giunsc e anche gianesc "prossimo" "vicino" parlandosi di luogo; gens "nazione" "generazione" "stirpe" "specie" [...] Cinisum corrisponde forse a Sis, che può derivarsi dalla voce ziza "grossior. duriorque pars terrae, collis" o da sisat "castellum. munimentum» o da Kanisat "congregatio, ecclesia" forse perché esisteva un tempio cristiano prima della fondazione del monastero; ma l'arabo Kanis. dice il De Birbestein. viene dal latino […] Stando così le cose, si deve supporre che il nome di questa terra sia anteriore alla conquista araba e che gli Arabi, avendolo trovato, abbiano cercato di dare alla parola una forma araba. Le forme diplomatiche Chinnisi e meglio Chinos e Chinus tradiscono piuttosto un'origine greca: Kanis "cenere" "polvere" forma affine a quella latina cinìs "cenere" in generale e in particolare "ruderi di una città incenerita e deserta"» (lettera al Can. Gaetano Millunzi del 24/3/1910). Infine, forse le più fantastiche delle ipotesi, che cioè derivi da cinis latino, a indicare la dea Cerere, divinità protettrice della vegetazione e della fecondità dei campi, o da kuneos, che nella lingua greca moderna vuol dire "cane" (antica kyon "cane", kyneos "canino").
Cinisi, come dicevamo, rimase un casale inabitato a disposizione del re per diritto di conquista. Comincia con quest'evento un periodo nuovo della storia del paese, attestato da non pochi documenti, inizialmente conservati nel monastero di San Martino, oggi nell'Archivio di Stato di Palermo.
Il primo è del 1263. un privilegio di re Manfredi, che considerando le virtù e i meriti del milite Matteo Pipitone da Palermo, gli concede «un lenimento di terre di un casale chiamato Chinnisi. dove si trovano alberi di carrubi, di mandorli e di fichi». Nell'atto di donazione mancano i confini del territorio, mentre viene specificata la produzione, la stessa tuttora prevalente.
Dopo qualche tempo, per diritto di ereditarietà o di compra, passa nelle mani del milite Niccolò Pipitone e dei suoi eredi. Venuto a morte, la vedova donna Perrona sposava in seconde nozze maestro Bonione da Eboli, dalla cui unione nacque donna Alessandra - nel 1350 moglie di Nicolò Bilingeri - giovane scaltra e avveduta che seppe accrescere il patrimonio familiare. La figlia di questa, Violante andò in sposa al giudice Fazio di Fazio e in dote portò con sé il feudo di Cinisi, sebbene per ragioni di brevità si tacciono i tanti conflitti che questa assegnazione comportò. Sta di fatto che sino alla morte essi lo amministrarono con avvedutezza, migliorandone le condizioni culturali ed economiche, dando sviluppo alla pastorizia e creando quella che prese il nome di «tonnara dell'Ursa».
Alla morte del Fazio la metà del feudo di Cinisi, per sua volontà, passò al monastero di San Martino, che il 23 gennaio 1401 si trovò proprietario anche della restante parte, stavolta per la generosità di donna Violante. Non ebbe però vita facile. Il governatore di Carini, Giacomo La Grua, per abuso di potere invase il territorio di Cinisi occupandone una porzione. Il priore Romano da Polizzi difese energicamente i diritti del monastero, tanto da ottenere, con sentenza della curia pretoriana di Palermo del 12 aprile 1494. la restituzione di quanto usurpato.
Le noie non finirono qua. ma per ovvi motivi di spazio giungiamo alle vicende della fine del XVI secolo, quando il monastero, carico di debiti, si trovò nella condizione o di vendere la proprietà oppure di ottenere la costituzione di censi redimibili così da far fronte ai creditori. Venne preferita la seconda possibilità e il 20 aprile 1610 si ottenne da Paolo V di poter concedere in enfiteusi il feudo di Cinisi. È un momento di grande espansione del centro che vide accrescere la propria popolazione per l'arrivo anche di famiglie dei paesi vicini, decise a stabilirsi nel feudo sotto la giurisdizione dei padri benedettini.
Nel 1617, mentre era abate Andrea da Palermo, venne costruito un impianto noto col nome di Corte, che domina sull'intero paese, simbolo visibile di autorità politico-religiosa, con annessa una torre e una chiesa dedicata a Santa Caterina. Di lì a poco si costruì pure una torre a guardia della tonnara dell'Ursa. L'impianto venne restaurato nel 1700 ed è oggi sede della Casa Comunale.
È sotto i benedettini che Cinisi assistette al proprio sviluppo e a questi, come alle vicende delle istituzioni religiose, si può ben dire, è legata la sua storia.
Cinisi si gloria d'aver ospitato il poeta "arcadico" Giovanni Meli. Chiamato dai padri benedettini, ivi giungeva nel 1762 in qualità di medico condotto. Allora l'abate aveva 22 anni. La medicina fu per lui un vero apostolato, ma i cinisani lo ricordano soprattutto per la sua arte lirica. Qui il poeta meditò e scrisse le «Quattro Stagioni», pagine di vero entusiasmo per quella straordinaria terra. «Arrivato in Cinisi il poeta fu colpito dalla bellezza del paesaggio: e tra queste montagnuole. interrotte da vallate, e lambite dal mare, tra le balze e le ginestre fiorite egli sente la dolcezza infinita della pace» (sac. prof. Vito Mangiapani 1910) come celebra nell'introduzione alla «Buccolica». La cittadina lo ricorda con amore mediante una lapide murata nel 1880 sulla facciata d'una casa, che così recita: «Primo e leggiadrissimo fra i poeti vernacoli - amore e delizia delle siculo muse - qui si ispirò alle bellezze della Natura - qui con pennello animatore descrisse l'erbose valli i vitiferi colli la ridente marina».
Cinisi. scrive ancora il Mangiapane " è situata in un'amenissinia pianura, circondata da una catena di monti, che la chiudono come un ferro di cavallo ed ha la vista sul mare, distante dall'abitato poco più di due chilometri. Tutti'intorno poggi, colline, valloncelli. Il suolo abbonda d'olivi saraceni, «alberi secolari dal tronco enorme, sforacchiato e dalle multiple radici»". Il paesaggio agrario è inoltre caratterizzato dalla presenza di sommacchi, carrubi e mandorli, tutti alberi tipici della macchia mediterranea.
Così come a Capaci e a Carini, è presente una coltivazione che potrebbe definirsi "storica" dell'agricoltura siciliana: quella del frassino da manna.
Altro vanto delle popolazioni rurali è quello della «cinisara». un'ottima bovina da latte assai diffusa sul territorio e che qui ha trovato la sua origine. Riconoscibile per il mantello interamente nero e per le lunghe corna, si è perfettamente adattata ai magri pascoli che il territorio le offriva, dando origine a produzioni lattiere di tutto rispetto, sia sul piano quantitativo che su quello qualitativo.
Si ricorda infine come l'aeroporto del capoluogo cada proprio nel territorio di Cinisi, la qual cosa ha sicuramente portato alla cittadina, insieme a qualche evidente problema di inquinamento acustico, anche un indiscusso pregio e un certo vantaggio economico.
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