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I piatti della festa
In Sicilia il giorno dei Morti è tradizione fare trovare ai più piccoli, in angoli remoti della casa, dei giocattoli e dei dolci messi lì apposta dai Morti. L'origine di questa bella usanza è da ricercare nel capo d’anno celtico. Presso i celti, infatti, l’anno si divideva in due semestri e il  capodanno cadeva il primo di novembre, ed era lor costume scambiarsi doni.

Ogni bambino siciliano sa che la sera di Ognissanti, occorre che si vada a letto presto e ci si addormenti in un battibaleno: altrimenti, ci ammonivano i grandi, niente regali. E mentre noi si dormiva, talvolta con un occhio solo, i grandi provvedevano alla scenografia della venuta dei morti; e non si aveva paura dei nostri morti: esseri vivi che tanti di noi in quella notte o in quel primo mattino avranno immaginato nelle loro sembianze, nel loro modo di vestire, nell’incedere lieve per le vie dell’aria. Era un momento per ritrovarsi, di comunione, e un modo naturale, forse cristiano, di accettare la morte senza la paura dell’ignoto.

Il giorno dei Morti, ci si svegliava all'alba e si provvedeva a chiamare mamma e papà, ancora immersi in un sonno profondo, perché ci aiutassero nella ricerca dei regali. Ah, questi morti che ogni anno si sbizzarrivamo a nasconderli in posti diversi! Oltre ai giocattoli anche dolciumi confezionati, frutta martorana, mustazzola (detti ossa di morto), taralli, inciminati e il mitico Pupo di Zucchero. Anticamente si usava anche fare trovare delle primizie: le prime arance, le pere d’inverno, e pure fichi secchi, mandorle e nocciole e datteri.

Ma i morti possedevano anche il senso della giustizia: e carbone e cenere era la ricompensa dei monelli; anche se nella disperazione ci si accorgeva che quel carbone era in realtà un tarallo al cioccolato noto come tetù (o totò): ai Morti non può mancare il senso dell'umorismo.

Tutto questo durava fino a quando un bel giorno mamma e papà non decidevano che eravamo abbastanza grandi per sapere la verità sui morti; e fra un tira e molla e mezze parole ci rivelavano quello che, per convenienza, fingevamo di non sapere. In realtà continuiamo ancora a divertirci attraverso gli occhi stupiti di fratellini più piccoli, figli o nipotini. 

Legata a certe credenze che i Morti durante il loro viaggio sulla terra hanno bisogno di cibarsi, è la consuetudine, che tuttora sopravvive nel Siracusano, soprattutto nell’ambito delle parrocchie, di distribuire i panuzzeddi dei Morti. Un tempo, chi ne riceveva era tenuto a recitare il rosario in suffragio dell’anima indicata dall’offerente. A Riesi, in provincia di Caltanissetta, vige ancora l’abitudine in questo giorno di mangiare o distribuire cuccìa, usanza che affonda le radici nella cultura-italo albanese.

La festa dei Morti in Sicilia: i fantasmi generosi

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