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I piatti della festa
Sembra che Valentino fosse cittadino e vescovo di Terni dal 197, divenuto famoso per la santità della sua vita, per la carità ed umiltà, per lo zelante apostolato e per i miracoli che fece, venne invitato a Roma da un certo Cratone, oratore greco e latino, perché gli guarisse il figlio infermo da alcuni anni. Guarito il giovane, lo convertì al cristianesimo insieme alla famiglia ed ai greci studiosi di lettere latine Proculo, Efebo e Apollonio, insieme al figlio del Prefetto della città. Imprigionato sotto l’Imperatore Aureliano fu decollato a Roma. Era il 14 febbraio 273. Il suo corpo fu trasportato a Terni al LXIII miglio della Via Flaminia, in territorio dell'odierna Basilicata.

Sopra la tomba del martire fu costruita una basilica poi distrutta dai Goti e ricostruita nel VII secolo. La popolarità di San Valentino, martire della fede, si deve ai Padri Benedettini, custodi della basilica di Terni. Furono proprio loro, nel Medioevo, a diffondere il suo culto in tutta l’Europa, soprattutto in Inghilterra.

Poiché a metà di febbraio sui prati sbocciano i primi fiorellini e fanno capolino le violette, finì con il diventare il “gran patron” della primavera e si cominciò a rappresentarlo con un bel sole in mano. La primavera, lo sapete, è pure risveglio dei sensi: gli animali iniziano ad accoppiarsi e i giovani a guardarsi attorno...

La festa del vescovo e martire Valentino si riallaccia probabilmente agli antichi festeggiamenti di Greci, Italici e Romani che si tenevano il 15 febbraio in onore del dio Pane, Fauno e Luperco. Questi festeggiamenti erano legati alla purificazione dei campi e ai riti di fecondità. Divenuti troppo orridi e licenziosi, furono proibiti da Augusto e poi soppressi da Gelasio nel 494. La Chiesa cristianizzò quel rito pagano della fecondità anticipandolo al giorno 14 di febbraio attribuendo al martire ternano la capacità di proteggere i fidanzati e gli innamorati indirizzati al matrimonio e ad un’unione allietata dai figli.

Da questa vicenda sorsero alcune leggende. Le più interessanti sono quelle che dicono il santo martire amante delle rose, fiori profumati che regalava alle coppie di fidanzati per augurare loro un’unione felice. Oggi la festa di S.Valentino è celebrata ovunque come Santo dell’Amore. L’invito e la forza dell’amore che è racchiuso nel messaggio di S.Valentino deve essere considerato anche da altre angolazioni, oltre che dall’ormai esclusivo significato del rapporto tra uomo e donna. L’Amore è Dio stesso e caratterizza l’uomo, immagine di Dio. Nell’Amore risiede la solidarietà e la pace, l’unità della famiglia e dell’intera umanità.

Non esistono cibi afrodisiaci, anche se nei secoli molti sono stati ritenuti tali. Forse il primo intruglio amoroso fu il “ciceone” citato da Omero: quello della maga Circe. Che di eros se ne intendeva visto che viene ricordata ancora come “mangiauomini”. Più tardi Plinio parlò di “balsami di Venere” (senza darci la ricetta) e consigliava le lumache. Nel Rinascimento trionfò il pepe di Caienna. Ma in supposte! Antonio de Sgobbis, cuoco di papa Urbano VIII nel 1634, consigliava un cocktail di ortica, zenzero, noce moscata, pepe nero, testicoli di gallo, in mezzo bicchiere di vino rosso. San Gerolamo combattè per tutta la vita contro le fave, afrodisiaco a portata di tutti, come diceva in giro. Era certo che conducessero alla lascivia. In tempi più vicini a noi, con la prevalenza dell’immagine, siamo arrivati a definire afrodisiache ostriche e banane, ma solo perché evocano i genitali.

Noi siciliani ci siamo affidati al cacao: il “pasticdo di sostanza"; il sanguinaccio, le quaglie al cacao, le "mpanatigghie", ma più per strappare un complimento alle signore convinte che il cacao fosse afrodisiaco. Non ci resta che rivolgerci al peperoncino, che migliora la circolazione, e al vino, che favorisce la vasodilatazione allentando i freni inibitori. Anche se tra le alchimie amorose a tavola non vanno trascurati i colori: è stato stabilito dagli esperti di cromoterapia che il colore rosso sangue, tipo fiorentina, tradisce desiderio di possesso e all’inizio potrebbe rovinare tutto. Meglio iniziare allora con un piatto dai colori tenui come un risotto allo zafferano, oppure alla pescatora. Consigliati pure i primi al forno “en croùte” che comunicano sacralità, calore familiare. Per il secondo carne o pesce, ma con salsa verde o prezzemolo e basilico, che sono tranquillizzanti. Verde è natura, fecondità ed è pure rassicurante. E quando è arrivato il momento giusto per la stoccata, l’affondo del rosso di pomodoro, radicchio e vino rosso rubino. Se le cose vanno bene non d resta che proseguire con il rosso di un’arancia, il succo dei lamponi, una cascata di ribes. Champagne o marsala? Dipenderà da lei.

San Valentino in Sicilia

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