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La gastronomia della provincia di Catania: alle pendici del Vulcano per antonomasia

Catania - mercato del pesce
Narra la leggenda che un tempo lontano un gigante di nome Encelado, si ribellò al volere degli dei, ma fu sconfitto dalla dea Atena, seppellito sotto un enorme ammasso di terra che la dea raccolse dalle coste del continente. Encelado sconfitto, si appiattì e si trasformò nell'isola di Sicilia, ma è ancora lì, disteso sotto l'isola e a ogni grido del gigante, l'Etna che si trova sopra la sua bocca, sputa fuoco.

L'Etna è sempre stato oggetto d'interesse di miti e leggende fin dall'antichità, le sue costanti eruzioni, spesso drammatiche, hanno da sempre affascinato l'uomo che sebbene spaventato e sconfitto dall'immane forza distruttiva del vulcano ne viene premiato da un terreno reso fertilissimo dal triossido di difosforo e dall'ossido di potassio nati dall'alterazione chimica che la lava compie sul terreno.

L'alta fertilità e produttività si ritrova nella cucina popolare il che, come abbiamo capito, impone massima semplicità ed uso creativo dei prodotti della terra. Il manifesto di questa cucina è probabilmente la scacciata, tradizionalmente pasta di pane con olio e sale oppure in una variante più alta con olive e un ripieno di verdure e formaggio.
Poi c'è la splendida città di Catania, ricostruita dopo le immani devastazioni dell'eruzione dell'Etna del 1669 e del terremoto del Val di Noto del 1693, in cui la cucina acquista nobiltà ed esuberanza. La cucina diventa più allegra e colorata quasi barocca, nascono così splendide creazioni proposte nelle bancarelle dei vari mercatini delle feste o nel mercato detto "a' piscaria" in piazza Duomo che si svolge sotto l'acqua 'o linzolu (la fontana dell'Amenano).

Nella provincia di Catania i primi piatti sono pura poesia: i corallini con i cavoli profumati e tenerissimi di Acireale, la pasta con le zucchine fritte, gli spaghetti al nero di seppia, le conchiglie con la ricotta di pecora e pepe nero, gli spaghetti ai frutti di mare e poi l'apoteosi, la "pasta cc'a Norma". Narra la leggenda che durante una festa in casa dell'attore comico Angelo Musco piena di personaggi famosi e gente dello spettacolo fu proposta questa pietanza cucinata dalla moglie e qui Nino Martoglio, famoso regista e poeta siciliano, complimentandosi con la signora esclamò "Signora chista è ‘na vera Norma" paragonandola all'opera del loro compaesano Vincenzo Bellini per indicarne l'eccezionalità e battezzandola. Un'altra leggenda racconta invece che Bellini deluso dal fiasco della prima della Norma, a causa si dice, di una indisposizione della soprano Giuditta Pasta (il cognome è proprio quello! Giuditta Pasta è stata la più celebre cantante lirica del XIX secolo) e della presenza in sala di una claque avversa a Bellini e alla Pasta, tornò a Catania per riflettere sul da farsi, qui ebbe modo di mangiare il celebre piatto con la ricotta salata ed ebbe l'illuminazione: modificare leggermente l'aria "Casta Diva", cosa che assicurò all'opera l'immortalità e il successo che andava cercando.

I secondi piatti di pesce sono una specialità della zona: il sauro fritto e sfumato all'aceto, il tambarello fritto in trance, il sarago arrostito e profumato al salmoriglio (oppure con olio e limone), la mostella a brodetto e poi i mascolini cucinati in mille modi, marinati, in agrodolce, alla pescatora. A Paternò, pescati dalle acque del fiume Simeto, si possono trovare le rane classicamente cucinate a zuppa. I secondi di carne prevedono oltre ai classici arrosto di agnello o il castrato cucinato con le interiora avvolte nell'erba cipollina con prezzemolo e timo, il capretto al forno farcito di riso, prosciutto crudo, caciocavallo, uova sode e carne di vitello. Il maiale generalmente da queste parti finisce alla brace o viene trasformato in salsicce, ma una particolarità è sicuramente lo zuzzu una gelatina di maiale. Tipico del catanese è poi la carne di cavallo che può essere assaggiata, cotta alla brace con salmoriglio (una salsa siciliana a base di olio, limone, aglio e origano) direttamente nelle macellerie che la vendono: gli arrusti e mancia.

La piana di Paternò produce varietà e quantità smisurate di frutta , verdure e ortaggi. Citiamo per dare una idea: le olive di Biancavilla, le fragole di Melotto, il miele di Zafferana, castagne dell'Etna, pesche a tabacchiera, funghi dell'Etna, fichidindia di San Cono, il pistacchio di Bronte. Una nota particolare le arance rosse di Sicilia. Un altro piatto particolare è il mauru: un alga commestibile che veniva mangiata cruda con una spruzzata di limone, oggi è una specie protetta e non è più possibile assaggiarla. Fra i numerosi dolci meritano menzione i nzuddi, le ossa di morto, i bersaglieri e le paste di mandorla, le olivette di Sant'Agata, i mustazzoli, i cucciddati, i cannola, gli aceddi ccu l'ova, gli amaretti e i famosissimi torroncini, morbidi e delicati. Un'altra curiosa caratteristica di Catania sono i tantissimi ciospi o cioschi (chioschi) che servono bibite con sciroppi di frutta. La bibita più richiesta è il seltz al limone (limone spremuto, seltz e sale). Altre diffuse sono il mandarino al limone, il tamarindo con limone e bicarbonato (ottimo digestivo), lo zammù (acqua con anice). Una bibita tipica catanese, nota in tutto il mondo, è il latte di mandorla.

Le altre gastronomie provinciali

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